Il Borgo Medievale

Parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo
Parrocchiale dei Santi Filippo e GiacomoEdificata tra il 1706 e il 1712 e dedicata alla Immacolata Concezione e a Sant’Antonio da Padova, divenne parrocchia nel 1819 in seguito alla traslazione del titolo dall’antica parrocchiale posta nel ricetto a questa chiesa situata in una zona più agevole per gli abitati della pianura. L’interno dell’edificio è sobrio e custodisce importanti opere artistiche come il fonte battesimale in marmo della fine del XIV secolo, una statua della Vergine in marmo bianco della fine del XV secolo e un crocefisso marmoreo coevo.

 

Porta Capala
Porta CapalaPorta anticamente costituita da due corpi paralleli con apertura ad arco e sovrastante camminamento abbellito da due ordini di merli ghibellini. La prima menzione documentale risale al 1447: racchiudeva il borgo antico e rappresentava l’ingresso ufficiale al paese.
Photo: Lea Antonioletti

 

 

Chiesa della Confraternita
Chiesa della ConfraternitaCostruita tra il 1728 e il 1749 sul sito dell’antico ospedale di carità e poi della chiesa quattrocentesca della Confraternita dei Disciplinati Bianchi, questo edificio presenta un’elegante facciata a due ordini in cotto lievemente convessa. L’interno è ad una sola navata con due cappelle laterali ad una delle quali è addossato un modesto campaniletto.
L’ingresso è offerto da un ricco portale ligneo, i cui pannelli superiori rappresentano l’Annunciazione. Significativi sono il coro ligneo del 1655 e tre ancone secentesche di pregevole fattura.
Photo: Lea Antonioletti

 

Affresco raffigurante la Pietà
Affresco raffigurante la PietàDatato 1422, è inserito in un altare barocco e presenta il tema del Vesperbild, provvisto di grande carica emotiva e diffuso nelle regioni alpine perché polarizzava la pietà attorno ad un motivo di facile presa.
Photo: Lea Antonioletti

 

 

L'antica parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo
L'antica parrocchiale dei Santi Filippo e GiacomoDipendenza dell’abbazia di Fruttuaria dalla metà del XII secolo, nel corso del Quattrocento la chiesa viene ampliata e notevolmente rimaneggiata. Alla fine del XVIII, per richiesta di alcune famiglie trasferitesi vicino alla chiesa dei Cappuccini, essendosi l’abitato allargato verso la pianura, fu necessario che quest’ultima divenisse parrocchia traslando così la titolazione della chiesa.
L'antica parrocchiale dei Santi Filippo e GiacomoL’edificio ha subito notevoli trasformazioni nel corso dei secoli ed è dominato all’esterno dalla torre campanaria a cinque piani sormontati da una cuspide, opera dei monaci benedettini. La facciata a capanna della chiesa presenta al centro il portale che conserva, nella parte superiore, la lunetta gotica con l’affresco della Madonna con bambino tra i Santi Giacomo e Filippo risalente al terzo decennio del Quattrocento. Alla destra, databili alla stessa epoca, spiccano l’imponente S.Cristoforo, che riprende l’iconografia comune e diffusa sulle facciate delle chiese della zona, e S.Barbara, rappresentata con una torre in mano. Alla sinistra è raffigurata una Deposizione dalla croce datata 1472. L'antica parrocchiale dei Santi Filippo e GiacomoL’interno, costituito da una sola ampia navata divisa da quattro campate con volte a crociera costolonate, presenta nella cappella situata alla base del campanile il suo nucleo originario. In questo piccolo ambiente si conserva infatti un ciclo di affreschi romanici risalenti all’XI secolo (purtroppo in pessimo stato di conservazione) raffiguranti le Storie di S.Nicola di Bari.   

L'antica parrocchiale dei Santi Filippo e GiacomoTornando al corpo centrale, su cui si aprono otto cappelle laterali, costruite in varie epoche dal XV al XVIII secolo, possiamo trovare un’interessante presenza di testimonianze pittoriche ascrivibili all’opera di diverse maestranze che operarono nel corso del XV e XVI secolo nella parrocchiale e sul territorio.
Nel presbiterio, murato sulla parete a destra dell’altare, spicca il tabernacolo in pietra verde datato 1473, di elegante forma gotica.
Il coro ligneo settecentesco porta all’entrata delle tre sacrestie che si addossano all’abside, la più antica risalente al terzo decennio del Seicento.
Notizie su alcuni dei primi parroci o vicecurati che ressero l'antica parrocchiale della Villa.
1480 - Carlo Domenico di Saluzzo, figlio del marchese Ludovico I, Prevosto di Verzuolo.
1492 - Ludovico del Pozzo, concorse nella spesa per la costruzione del coro.
1513 - Michele Rasoira, vice parroco, "...dovendo venire il Vescovo a consacrare la chiesa e intendendo il Consiglio dare un pranzo, si accordò con lui nelle spese da farsi...".
1514 - Meolans,"...in Consiglio ordina ai Sindaci di andargli a parlare, sia per le paramenta che si guastano causa la cattiva custodia...".
1521 - Girolamo Dotta,"...da cauzione per le paramenta, gli ornamenti avuti in custodia...".
1547 - Garnero Giovanni, vice curato.
1548 - Bartolomeo Pipero, nominato parroco e poi vescovo, secondo il Muletti, visse quasi sempre a Roma. Ebbe dei problemi con il Comune per dei mancati pagamenti.
1566 - Il parroco scrive lettere inibitorie che nessuno possa esportare dai beni i frutti, senza la consegna prima fatta delle decime a lui dovute.
1568 - Il parroco reclama che gli sia dato il trenta per cento delle decime; cioè una damigiana di vino ogni trenta, un sacco di grano ogni trenta, e via così.
1581 - Giovanni Baus, vice curato.
1584 - D. Clemente, prevosto. Fa ricevuta al sindaco di un calice dorato e di una pianeta che ha recuperato dal capitano del castello.
1591 - Pietro Pallo da Costugliole.
1595 - Giovanni Trona, prevosto.Fa alzare il pavimento della chiesa fino al piano dei gradini degli altari.
1597 - Il parroco non vuole pagare le tasse come gli altri cittadini.
1612 - Si sposta l'altare maggiore, dal fondo della chiesa all'inizio del coro.
1628 - Ingaramo Giovanni di Verzuolo.
1640 - Magnone Giovanni di Ceva.
1668 - Le sepolture costano da 4 a 5 lire più una torcia e due candele.
1668 - Gerolamo Bella di Dronero si rifiuta di prendere la prevostura di Verzuolo.
1668 - Alessio Isaia è il nuovo prevosto.
1687 - Francesco Olivero di Dronero. Chiede al Comune 36 lire per l'esposizione del SS. Sacramento per tre anni e per una croce per le processioni.
1706 - Abate Francesco Delua.
1707 - Francesco Allini dei conti di Elva. Muore nel 1712 in odore di santità.
1712 - Tommaso Agostino Ancina di Mondovì. Costruisce la casa parrocchiale.

 

Il Castello

Sopra il Borgo Medievale, ben visibile dal centro abitato, si erge il Castello di Verzuolo, una massiccia costruzione edificata nel 1377 dal marchese di Saluzzo Federico II sulle rovine di un castello dell’XI secolo. Questo nuovo

Il Castellocastello era di forma quadrata, rinforzato agli angoli da due robuste torri quadrate e due rotonde più piccole. Tutte le mura erano dotate di merli ghibellini e gli spalti muniti di piombatoi, balestriere ed altri mezzi di difesa. Era inoltre dotato di spesse mura che gli donavano un aspetto davvero imponente, tale da giustificare la fama di essere la più importante e bella fortezza del marchesato dopo Revello.

Tutt’intorno era circondato da fossati percorsi da torrenti. L’accesso al castello avveniva per mezzo di un ponte levatoio che se sollevato isolava la fortezza dal cortile esterno.

Nel 1389 Federico II fondò una cappella a servizio esclusivo del castello e per tale opera destinò la collina di Papò, al di sotto di una delle torri del castello.

Ludovico I, nipote di Federico II, rinnovò, ingrandì e abbellì il castello nel 1441, lavori che poi proseguirono anche grazie al suo successore. Risale infatti a questo periodo la costruzione di una piattaforma di fronte alla porta principale e di una grande spianata presso la collina di Papò. 

Le opere dei due grandi marchesi nell’arco del XV secolo furono molto imponenti. Infatti nel 1477 Carlo I di Savoia, dopo aver espugnato la fortificata Saluzzo puntò la sua armata verso la rocca di Verzuolo, la quale riuscì a resistere e respingerlo.

Successivamente a partire dal XVII secolo il castello non era più efficace come fortificazione a causa del progresso delle armi da fuoco e si trasformò in un luogo di villeggiatura. 

Le mura esterne, i camminanti di ronda e i piombatoi vennero abbattuti e sostituiti da due balconate. L’interno venne ornato con un magnifico salone dal quale si saliva ai piani alti tramite una vasta scalinata di marmo. Nel giardino vennero piantate una gran quantità di fiori e di piante tra cui limoni, cedri ed aranci. I lavori furono svolti per volontà di Silvestro della Manta, abate di Altacomba ed ambasciatore ordinario del duca di Savoia in Francia e a Venezia. In questa ristrutturazione vennero abbattute alcune importanti strutture del sottotetto, contro la volontà degli architetti del tempo, probabilmente una delle cause che porterà al nefasto crollo nel 1916.


All’inizio del XX secolo, dopo che la famiglia dei conti di Verzuolo si estinse, il castello passò per via donne al cavaliere Amedeo Mola di Larissé. Venne in seguito spogliato dei ricchi arazzi, dei camini e degli antichi mobili. Il tempo, l’incuria e il terreno collinoso provocarono diversi danni, tra cui il crollo di una buona parte di una delle torri quadrate nel 1916.  All'alba del 18 giugno 1916, infatti, una delle due torri quadrate per metà crollò e con essa buona parte dell'antico archivio del castello, molti documenti vennero distrutti. In questa torre erano custodite oltre sedicimila lettere riguardanti la storia del Piemonte e della Francia dal 1500 al 1800, migliaia di libri e suppellettili di elevato valore storico.


Nel 1938 venne demolita la rimanente torre quadrata (detta dell'orologio), la torre del Belvedere e tutta l'ala, cioè sparì tutta la facciata più bella del Castello.
Il primo crollo del 1916, non fu considerato una sorpresa: già dal secolo precedente 
vi erano stati dei cedimenti che non presagivano nulla di buono. Così scriveva nel 1898 Giovanni Lobetti Bodoni di Saluzzo: "...per il deterioramento che lo edifizio subì in alcune sue parti, le visite non sono più concesse con la passata facilità; il che può dispiacere come ostacolo alla cultura artistica, ma ancora per la paura che il prezioso monumento sia avviato alla sua rovina; onde non si può non augurare che col beneplacito degli egregi proprietari esso sia acquistato dallo Stato e siano da questo apportate all'edifizio, nel quale si potrebbe, così ammirare ancora per lunghi anni uno dei più caratteristici modelli delle grandi rocche medioevali."

Oggi purtroppo, del meraviglioso castello di un tempo rimane ben poco e in condizioni molto precarie.

 

Boero G., Il castello di Verzuolo. Verzuolo, 1973.

 
 

     
 

 

      

 

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